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È il portabandiera di Castellare, orgoglio dell’Azienda chiantigiana per aver dimostrato la grandezza del Sangioveto in blend con la Malvasia nera: l’annata 1985 si è classificata al 6° posto nella prima Top 100 stilata da Wine Spectator nel 1988. Sangioveto (85%) e Malvasia Nera (15%). Vinificato in acciaio, affina in barrique nuove per un 50 % e poi in bottiglia.
Castellare di Castellina, nel cuore del territorio del Chianti Classico ha in totale 80 ettari, di cui 20 a uliveto. Quelli a vigneto sono 33, situati sulle colline di un anfiteatro naturale, esposto a sud-est, con un’altitudine media di 370 metri sul livello del mare. Le vigne hanno un’età fra 7 e oltre 45 anni e le rese per ettaro a Castellare sono molto basse, per ottenere il massimo della qualità. Un’ottima esposizione al sole, un buon drenaggio dell’acqua, un suolo misto di marne calcaree, galestro e poca argilla danno vini, sia rossi che bianchi, molto ben strutturati, intensi e adatti a un lungo invecchiamento in bottiglia. Il censimento delle viti, intrapreso nel 1979, ha consentito, grazie ai risultati del vigneto sperimentale e alla micro vinificazioni effettuate e comparate, di reinnestare sia il Sangioveto che la Malvasia Nera con i migliori cloni emersi dal lavoro scientifico dei due assistenti del Professor Scienza per i quali Castellare aveva istituito due borse di studio per dottorato di ricerca. Con quel lavoro e con l’incoraggiamento del Professor Peynaud a lavorare sul Sangioveto oggi le vigne di Castellare hanno i cloni migliori per quel terroir. Nelle vigne di Castellare non si usano prodotti chimici di sintesi per il rispetto della natura e per fare vini organici. Questa filosofia è testimoniata dalle etichette che hanno ogni anno il disegno di un uccello diverso, sempre più raro per l’uso indiscriminato di veleni e diserbanti nelle vigne.
La cantina di Castellare è strutturalmente cresciuta nel tempo man mano che la produzione è aumentata. In passato era composta solo da vasche in cemento che avevano una capacità di produzione di circa 200 mila bottiglie all’anno; oggi arriva a produrre circa 400 mila bottiglie. Quando è iniziata l’epoca delle vasche in acciaio termo condizionate per vinificare, è stata costruita, senza alterare lo stile di edifici secolari, una nuova cantina. Ma grazie ai consigli del più grande enologo italiano, Giacomo Tachis, ci siamo guardati bene da eliminare le vasche di cemento. Sono state vetrificate e vengono usate, in base ai principi di Tachis, per far transitare lì i vini per alcuni mesi prima dell’imbottigliamento. Infatti, Tachis ha dimostrato che il cemento ha la capacità di rendere più coesi, più una cosa sola i vari componenti del vino. Nella cantina di Castellare sono arrivate, fra le prime in Italia, le piccole botti di rovere francese. Tutti le chiamano barrique; Luigi Veronelli, rivendicando il primato del proverbio italiano secondo cui “il vino migliore sta nelle botti piccole” le chiamava carati. A Castellare sono arrivate prima che altrove grazie alla società Compagnie vinicole conseille, fondata da Paolo Panerai con il Barone Edmond de Rothschild, maggior singolo azionista di Chateau Lafite per la diffusione della migliore tecnologia vinicola. La Compagnie ha pubblicato il manuale pratico 100 Domande e 100 risposte sulle barrique, un’intervista al professor Peynaud.